Non capita di rado che lo psicologo sia concepito come colui che consiglia e risolve problemi, incarnando una sorta di “maestro di vita”. Come è intuibile, quella che qualcuno possa risolvere magicamente i problemi di qualcun altro semplicemente dispensando buoni consigli è una speranza illusoria, per quanto consolatoria. Inoltre, lo psicologo non è mentalista, non legge nel pensiero altrui, non manipola le menti.
Il mestiere dello psicologo non consiste quindi in giudizi, consigli e direttive sul modo di agire e di essere del paziente, non si sostituisce al paziente e non prende decisioni al suo posto.
In primis, lo psicologo ascolta empaticamente, funge da contenitore delle emozioni, dei pensieri e delle fantasie del paziente. Questo permette di aprire varchi, ad esempio, in un’emotività chiusa o bloccata. Permette di rielaborare assieme al paziente le sue vicissitudini personali presenti e passate, consentendo l’osservazione da nuovi punti di vista più fruttuosi e funzionali. Rilegge il sintomo in un’ottica di insieme, che non lasci esclusa la dimensione corporea. Orienta le risorse individuali verso un impiego ottimale di queste ultime.
In questo senso, un percorso psicologico è necessariamente scoperta, illuminando parti di sé che non hanno mai visto la luce.
“Si lasciò portare dalla sua convinzione che gli esseri umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, ma che la vita li costringe ancora molte altre volte a partorirsi da sé.”
Da “L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Marquez
L’intervento dello psichiatra è principalmente focalizzato sulla prescrizione medico-farmacologica. Generalmente, lo psichiatra non si occupa di condurre terapie o percorsi psicologici strutturati. Lo psicologo, che può diventare psicoterapeuta dopo 4 anni di formazione in una scuola specializzata, non effettua prescrizioni farmacologiche. I suoi strumenti sono il colloquio clinico e la relazione terapeutica.
Un percorso con psicologico con una sintomatologia rilevante può richiedere l’intervento congiunto di psichiatra e psicologo.
Altro pregiudizio antico e tenace è quella che lo psicologo si occupi di quelli che venivano definiti “matti”, o dei malati mentali. In realtà, la maggior parte delle problematiche psicologiche per le quali ci si rivolge ad uno psicologo assumono raramente la forma di malattia mentale, che soddisfa quindi i criteri per un disturbo clinico da manuale. Il malessere e il disagio psicologico possono riguardare (e di fatto, riguardano) chiunque in qualsiasi momento di vita.
L’atto di prendersene cura deve essere considerato alla stessa stregua di quello che si compie quando ci si rivolge al medico di base, o specialista, per una qualsivoglia sintomatologia fisica.
Interrogarsi sui propri bisogni e fronteggiare un certo tipo di fragilità, non ha nulla a che fare con la follia.
La durata è estremamente variabile e viene definita man mano che si procede nel lavoro. Possiamo comunque affermare che cambiamenti più strutturali e duraturi richiedano una notevole quantità di tempo rispetto agli esiti che si possono ottenere per terapie più brevi.
Una delle maggiori preoccupazioni di coloro che non si sono mai rivolti ad uno psicologo consiste nella possibilità che il professionista racconti a qualcun altro ciò che è emerso durante le sedute.
Lo psicologo ha l’obbligo deontologico di rispettare il segreto professionale, come sottolinea l’articolo 11 del codice.
In ambito privato, esistono comunque alcune deroghe (per giusta causa) al segreto professionale:
- Qualora il reato confessato stia per essere reiterato con possibili lesioni gravi o morte di altri soggetti (compreso il paziente stesso)
- Se lo psicologo è in pericolo di vita o di lesioni gravi.
Si riferisce comunque agli inquirenti solo lo stretto necessario e non i dettagli delle sedute.